La denatalità è una delle sfide più urgenti che il nostro Paese si trova ad affrontare.
Ecco perché Fondazione Onda, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, con il supporto di Farmindustria, ha scelto di dedicare a questo tema la settima edizione del Libro Bianco, edito da Franco Angeli. Si intitola “La salute della donna – La sfida della denatalità”, ed è stato presentato il 26 novembre nel corso di una conferenza stampa online.
In questa edizione Cristina Cenci - founder di DNM-Digital Narrative Medicine parla anche del progetto Parole Fertili, realizzato con il contributo incondizionato di IBSA Farmaceutici.
Dopo il baby boom degli anni ’50 e ’60, l’Italia ha visto un crollo delle nascite: nel 2019 per ogni 100 persone morte ne sono nate solo 67. Dieci anni fa erano 96. Sono cambiati gli stili e i progetti di vita delle coppie, ma soprattutto delle donne, che arrivano tardi alla maternità.
Come spiega Cristina Cenci, antropologa e Founder di DNM Digital Narrative Medicine, nel capitolo del Libro bianco intitolato “Parole fertili: viaggio alla ricerca di un figlio”, i tempi sociali e lavorativi sono cambiati e sembra che sia sempre troppo presto per un figlio. Da fenomeni centrali della vita sociale, la maternità e la paternità sono diventate componenti di un difficile e ambivalente negoziato tra i singoli e la collettività. Nascono da un desiderio individuale, restano un “dovere” sociale, sono un’interferenza nel progetto di vita o nell’attività professionale. Un mix di valori contraddittori e di regole non dette.
Parole Fertili fa emergere con chiarezza questa dissonanza contemporanea tra progetto di vita, valori sociali e desiderio individuale e collettivo di genitorialità.
La difficoltà o l’impossibilità a generare è un’area di grande tabù. A differenza di altre patologie, non ha una definizione primariamente e prevalentemente biomedica. Si diventa “pazienti” solo nel momento in cui si desidera un figlio. Senza il desiderio, si resta fertili, anche se medicalmente sterili. È il desiderio, il bisogno identitario di ruolo materno/paterno che segna la separazione tra normale e patologico.
Per tutto questo, sia per la donna che per l’uomo è difficile parlare delle proprie difficoltà, del percorso di procreazione medicalmente assistita, delle emozioni, delle paure. Nascondere il desiderio di un figlio nelle reti sociali, amicali e affettive aiuta a non autorappresentarsi come “sterili”, malati, inferiori, colpevoli.
Lo spazio narrativo offerto da Parole fertili consente di uscire dalla solitudine, di condividere scelte, dubbi, problemi, aspettative con chi sta affrontando lo stesso viaggio. L’interazione online consente un’intimità anonima che facilita l’espressione e la condivisione del vissuto di infertilità. Il racconto condiviso favorisce la riappropriazione della propria storia di vita ferita dalla minaccia di sterilità.